dimarts, 18 de febrer del 2014

I veri dati della situazione in Catalogna


NAZIONALISMI

I veri dati della situazione in Catalogna

Caro direttore, il Corriere della Sera ha pubblicato ieri un reportage firmato da Luigi Ippolito sulla Catalogna, che comprende anche un’intervista al presidente della Generalitat, Artur Mas, in cui si riportano alcune affermazioni che ritengo importante chiarire a beneficio di una migliore comprensione, per i lettori italiani, dei termini in cui si sta impostando questa polemica. Innanzi tutto, l’articolo e la stessa intervista al presidente Mas riconoscono che quello sulla Catalogna non è un dibattito economico. Anche se si continuano a dare dati non corretti su ciò che apporta e riceve questa Comunità Autonoma dal resto della Spagna — i dati riguardanti la bilancia fiscale, secondo i metodi usati, possono variare dall’8% del Prodotto interno lordo a cui si riferisce Artur Mas a un bilancio perfino positivo del 2,1% — i nazionalisti cercano ora di allontanare la rivendicazione indipendentista dal populismo nazionalista di «Madrid ladra», che così bene gli italiani possono comprendere. In effetti, le tasse non le pagano i territori, ma le persone che versano una parte dei loro redditi a favore di quelle che ne hanno meno. In tal modo, ora sembra che vogliano centrare il dibattito sulla questione dell’identità, sulla quale, quindi, mi permetto di fare alcune riflessioni.
La Catalogna è una delle regioni e nazionalità della Spagna che insieme ad altre, con la stessa identità culturale radicata nella nostra storia comune (con né più né meno identità della Catalogna), formano la ricca pluralità della Spagna, la nazione più antica d’Europa; una nazione che nacque già come un Paese moderno (come il Corriere sottolinea nello stesso articolo), con l’unione dei regni di Aragona e Castiglia e non certo del regno di Catalogna, che non è mai esistito in quanto tale; una nazione che è sentita come propria dall’immensa maggioranza degli spagnoli.
Mi sembra importante chiarire che l’identità degli spagnoli (composta da tale pluralità) non è una questione esclusiva dello «Stato» né di «Madrid», bensì del popolo spagnolo in cui indissolubilmente si fonde il popolo catalano (lo stesso presidente Mas ha recentemente affermato, in un dibattito con Felipe González su La Sexta Tv, che la grande maggioranza dei catalani attuali proviene direttamente da altre zone del Paese o ha qualche membro della propria famiglia con quella provenienza comune). Un’identità collettiva che si è espressa e ha deciso democraticamente sulla Costituzione del 1978, la Costituzione di tutti gli spagnoli, e anche la Costituzione dei catalani (con un 87,87% di voti a favore in Spagna e un 90,46% di voti a favore in Catalogna).
I nazionalisti catalani travisano la portata di una guerra dinastica e internazionale — la guerra di successione 1701-1715, provocata dalla morte senza eredi dell’ultimo re della Casa d’Austria, Carlo II — in una presunta guerra della Spagna contro la Catalogna, nella quale (e ciò è molto significativo) i barcellonesi combatterono esortati dalle autorità catalane a «versare gloriosamente il proprio sangue e la propria vita per il loro re, per il loro onore, per la Patria e per la libertà di tutta la Spagna», secondo quanto recitava il bando diffuso dai Tre Comuni a Barcellona l’11 settembre del 1714. Ora, in base a tale interpretazione della storia, cercano di privare l’insieme dei cittadini della democrazia spagnola del diritto a decidere, ignorando lo Stato di diritto e la legalità democratica del 1978, che tutela tutti noi, e si cerca di organizzare una «consulta» al margine della legalità democratica, per la quale già hanno deciso unilateralmente sia i quesiti sia la data. Il tranello — e i nazionalisti lo sanno perfettamente — sta nel fatto che lo stesso atto di indire un presunto referendum, consultazione o come lo si voglia chiamare, sarebbe oltre che una violazione della Costituzione democratica anche un riconoscimento di fatto di ciò che oggi si pretende di imporre con la forza, cioè del presunto diritto di una parte del corpo democratico di decidere per tutti i cittadini spagnoli. Nel quesito si troverebbe già la risposta. Inoltre, si tratta di qualcosa che si vuol fare violentando la legalità democratica, mediante manifestazioni, sondaggi che si trasformano in fatti consumati o mediante elezioni autonome snaturate, che invece di decidere sull’ambito di competenza assegnato loro dalle leggi democratiche prendano decisioni che non hanno il diritto di adottare. E non è ammissibile in una democrazia un referendum con una domanda incostituzionale (la Costituzione del 1978 riconosce l’indissolubilità della Nazione Spagnola), né nessuna Comunità Autonoma avrebbe alcuna competenza per convocarlo.
In sintesi, mentre in Scozia i nazionalisti hanno raggiunto un accordo con il governo centrale per realizzare un referendum nell’ambito della legalità democratica del Regno Unito, ciò che cercano i nazionalisti catalani non è una riforma democratica della Costituzione, che avrebbero potuto avviare perfettamente mediante un’iniziativa legislativa sulla quale avremmo preso una decisione tutti noi cittadini attraverso i nostri rappresentanti: è trasformare il risultato di alcuni sondaggi o di elezioni snaturate e imposte in un atto unilaterale di secessione contrario alla storia spagnola ed europea. Le frontiere dell’Europa occidentale non si possono cambiare d’un tratto. Ambasciatore di Spagna in Italia

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Javier Elorza

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